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Combustibili sintetici e biocombustibili in previsione delle vetture elettriche su larga scala

da | 25 Giu, 24 | Elettronica di potenza |

I combustibili sintetici e i biocombustibili possono rappresen­tare una soluzione temporanea in attesa dell’avvento su larga scala delle vetture elettriche (EV).

I problemi ambientali legati all’eccessivo inquinamento delle aree urbane ad alta densità di traffico sono una costante preoc­cupazione per via dell’elevato tasso di mortalità ed incidenza di malattie cardiovascolari e dell’apparato respiratorio. La massic­cia motorizzazione privata è lungi dall’esaurirsi soprattutto nei paesi emergenti. Allo scopo di contrastarne gli effetti nocivi, la sostituzione dei veicoli alimentati da motori termici con veicoli totalmente elettrici, rappresenta una soluzione percorribile e ne­cessaria. A tale scopo, molti paesi inclusi alcuni della Comunità Europea si sono dati come obbiettivo quello di mettere al bando i motori tradizionali a partire dal 2035. Ma l’industria automobilistica è davvero in grado di gestire una tale transizione verso l’elettrico?

Le auto elettriche fanno bene all’ambien­te semplicemente perché non emettono i famigerati gas ad effetto serra come il bios­sido di carbonio (anidride carbonica) o so­stanze altamente nocive come idrocarburi incombusti, particolato ed ossidi di azoto. Inoltre, i motori elettrici che assicurano la trazione agli EV sono molto più efficienti di quelli a combustione interna, riuscendo a convertire oltre l’85% dell’energia elet­trica delle batterie in energia meccanica. Tale valore va raffrontato col 40% di ren­dimento dei motori termici. Ma conside­rando le perdite aggiuntive legate a diversi fattori non presenti in un EV (combustio­ne incompleta, attriti tra le parti mobili come pistoni, bielle e valvole, sistema di raffreddamento, perdite allo scarico, etc.), solo il 25% dell’energia generata può esse­re utilizzata per la propulsione delle auto convenzionali a benzina e diesel.

Caricando le batterie di un EV utilizzando fonti rinnovabili, viene assicurata sicura­mente una mobilità sostenibile. Tuttavia, vanno considerate le cosiddette emissioni indirette nella produzione dei veicoli elet­trici, legate sostanzialmente al processo di produzione delle batterie. Tale processo è infatti altamente energivoro ed inoltre l’approvvigionamento di materiali quali cobalto, nickel e litio, elementi essenziali nella fabbricazione di batterie ad ioni di li­tio, è problematico. La maggior parte delle miniere da cui si estraggono si trova infat­ti in paesi ad elevato rischio geopolitico. Va anche menzionato che la fabbricazione delle batterie implica l’utilizzo di grandi quantità d’acqua. Il riciclo delle stesse bat­terie è un altro problema da affrontare, so­prattutto in vista di una diffusione capil­lare delle auto elettriche che circoleranno in futuro.

Negli ultimi anni sono stati proposti car­buranti alternativi a quelli fossili, quin­di non prodotti nelle attuali raffinerie che utilizzano il petrolio. Tali carburanti possono essere sia sintetici (detti anche e-fuels) sia biocarburanti. I carburanti a base sintetica si ottengono da sorgenti rin­novabili e possono quindi abbattere dra­sticamente le emissioni di CO2 associate ai motori a combustione interna.  Il processo di fabbricazione dei carburanti sintetici si basa sull’idrogeno estratto attraverso elet­trolisi dell’acqua, che poi viene combinato con biossido di carbonio, CO2, per sinte­tizzare il carburante. Il CO2 utilizzato nel processo può essere ricavato dall’aria o da fonti quali formazioni geologiche del sot­tosuolo dove il gas è stato preventivamen­te stoccato per “cattura”. In tale procedi­mento, il biossido di carbonio viene prima compresso ad alta pressione e convertito in fase liquida, per poi essere iniettato in formazioni rocciose porose presenti in siti geologici opportuni. Alternativamente, si possono usare processi industriali. Il com­bustibile risultante è carbon-neutral e può essere impiegato per alimentare i mo­tori termici convenzionali. La produzione di tali carburanti, pur non essendo stata avviata su scala industriale, sta suscitando un grande interesse da parte di vari paesi europei, Germania in testa, per ovvi mo­tivi.

I biocarburanti, per contro, sono prodot­ti da biomasse, cioè da materie organiche che si presentano come scarti lignocel­lulosici provenienti da foreste, oppure da alghe o anche per lavorazione ulteriore di biocarburanti come l’etanolo. Le fasi di produzione prevedono la raccolta delle biomasse che vengono poi trasportate in opportuni siti per il trattamento succes­sivo che prevede la trasformazione in car­burante per fermentazione o distillazione. Anche i biocarburanti possono alimentare i veicoli a motore termico al posto di quel­li fossili.

Esistono diversi tipi di biocarburanti qua­li il biodiesel, bioetanolo e biogas. Il bio­diesel viene prodotto da oli vegetali o da grassi animali, mentre il bioetanolo è sin­tetizzato a partire dal mais e dalla canna da zucchero. Può anche essere prodotto da piante autoctone come il “panicum vir­gatum” che prospera nel Nord America. Il biogas si ottiene invece da rifiuti organici come scarti alimentari, letame stallatico e da liquidi reflui utilizzando la digestione anaerobica (assenza di ossigeno) operata da batteri specifici con l’ausilio di parti­colari enzimi, a seconda del materiale di partenza.

La produzione di biocarburanti ha ovvia­mente pro e contro. Da un lato, i biocar­buranti possono ridurre l’impatto delle emissioni di gas a effetto serra ed aiutare a limitare la dipendenza da quelli fossili. È pur vero, comunque, che la loro pro­duzione su larga scala comporta un grave rischio di deforestazione, inquinamento delle acque e altri problemi ambientali.

Figura 1 – Dida

Ogni tipo di carburante è caratterizzato dalla sua densità energetica che può es­sere espressa da due diverse grandezze. Il contenuto energetico e il potere calorifi­co si possono esprimere entrambi in joule per unità di massa o volume o per mole. La differenza tra le due consiste nel fatto che il potere calorifico è uguale al calore prodotto da una combustione completa. Il potere calorifico si distingue, a sua volta, in potere calorifico superiore (gross calo­rific value, GCV) ed inferiore (net calorific value, NCV). Si parla di GCV se si conside­ra tutta l’energia prodotta dal combustibi­le o di NCV, invece, se si sottrae dall’ener­gia totale prodotta quella necessaria per l’evaporazione dell’acqua ottenuta dalla combustione. Vediamo brevemente come si misura la quantità di calore H genera­ta dalla combustione. Una quantità nota di carburante viene “bruciata” a 0 °C and 1 bar di pressione e il calore emesso da tale reazione viene fatto assorbire da una certa quantità d’acqua, di cui è nota la massa, in un calorimetro. Misurando la temperatura iniziale e finale e quindi determinando il salto termico DT, l’energia rilasciata sotto forma di calore sarà:

H = ΔT mCp

dove:

H = energia assorbita (in J);

ΔT = salto termico (in °C);

m = massa dell’acqua (in g);

Cp = calore specifico (4.18 J/g °C per l’acqua).

Il valore di energia misurato si divide per il numero di grammi di carburante bruciato ed il risultato dà il contenuto energetico (in J/g). La tabella 1 mostra i poteri calorifici di alcuni carburanti sia gassosi sia liquidi.

Una combustione è generalmente una re­azione chimica esotermica in cui un com­posto e un ossidante vengono fatti reagire per produrre calore e nuovi prodotti. La reazione normalmente è rapida e produce calore e fiamma. La forma generale di una reazione di combustione può essere rap­presentata da una reazione tra un idrocar­buro e ossigeno con la produzione di CO2 e acqua più altri composti: carburante + O2 –> CO2 + H2O + sottoprodotti. Tra i sotto­prodotti vanno annoverati il monossido di carbonio, CO, e il particolato se la combu­stione si svolge in presenza di una quan­tità di ossigeno insufficiente. Vengono emessi anche ossidi di azoto, NOx, quando l’idrogeno nell’aria reagisce con l’ossigeno ad alta temperatura e biossido di zolfo, SO2 quando il combustibile è ricco in zolfo.

Affinché si raggiunga la neutralità “carbo­nica” di un carburante di origine sintetica, l’elettricità impiegata deve provenire da fonti rinnovabili (eolico, geotermico, sola­re e idroelettrico).

Tabella 1 – Valori di poteri calorifici di alcuni carburanti.

Ovviamente le stesse considerazioni an­drebbero fatte per i veicoli elettrici le cui batterie devono essere fabbricate con elet­tricità prodotta dalle stesse fonti rinno­vabili così come le colonnine di ricarica che andrebbero alimentate non certo da centrali a carbone o a olio combustibile. La stessa neutralità ecologica è possibi­le solo bilanciando il CO2 emesso ai tubi di scarico dei veicoli alimentati con car­buranti non fossili con il CO2 di origine antropica prelevato dall’atmosfera per pro­durre i carburanti sintetici. Inoltre, fatto non trascurabile, i carburanti alternativi sono compatibili con la rete di distribu­zione di benzina e diesel esistente senza che ciò pregiudichi le prestazioni dei mo­tori tradizionali. Ma quali sono gli aspetti negativi dei carburanti sostitutivi? Come detto, solo sotto certe strette condizioni i combustibili sintetici emettono zero emis­sioni nette. Inoltre, i costi di produzione sono sensibilmente più elevati rispetto ai combustibili di origine fossile e potrebbe­ro essere affetti da un’offerta ben inferiore alla domanda.

Anche i biocarburanti presentano incon­venienti, e cioè un’alterazione del ciclo di semina e raccolta nelle piantagioni per ga­rantire una monocoltura e in più richiedo­no un uso eccessivo di acqua il che è un se­rio problema soprattutto nelle zone aride. Si aggiunga anche la necessità di utilizzare fertilizzanti ad alto contenuto di azoto per migliorare la produttività con conseguente squilibrio nella composizione chimica del suolo. Non va poi sottovalutato il rischio di sottrarre i terreni agricoli alla produzione di cibo per alimentazione umana.

Ci sono anche delle differenze nella pro­gettazione dei motori termici funzionanti con biocarburanti. Per esempio, l’etanolo proveniente dal mais, ha una densità più elevata della benzina (vedi tabella prece­dente) pertanto gli iniettori devono essere di maggiori dimensioni per adattarli ad un flusso di carburante confrontabile con quello di un motore a benzina. Da notare anche che i combustibili contenenti alcol come l’etanolo sono più corrosivi e posso­no causare un’usura maggiore di alcune parti del motore. Una volta in funzione, il motore a etanolo, anche per via del diver­so ciclo termodinamico, necessita anche di una rifasatura dell’accensione per mi­gliorare l’efficienza.

Se si riesce a produrre i carburanti sinte­tici e i biocarburanti con energia pulita e se il loro impiego è regolato da una nor­mativa favorevole, possiamo concludere che il loro impiego può rappresentare una valida alternativa per mitigare i rischi di riscaldamento globale legati ad un uso “ir­responsabile” dei combustibili fossili. La rete di distribuzione e la progettazione dei motori termici in fin dei conti non impli­cano cambiamenti drastici. C’è anche da rimarcare che il prolungamento della vita dei motori a combustione interna pur con l’adozione di carburanti ecologici, rappre­senta un vantaggio indiscutibile per i co­struttori di auto convenzionali, i quali pos­sono meglio attrezzarsi per la conversione all’elettrico e, perché no, non soccombere alla spietata concorrenza dei costruttori cinesi di EV. Non meno preoccupazione desta la possibile perdita di posti di lavoro nell’industria dell’auto che evidentemente per essere convertiti a nuove mansioni ri­chiedono tempo ed investimenti.

Ad ogni modo, l’auto elettrica non ha riva­li sul medio e lungo termine. Certamente il tasso di sostituzione dei veicoli tradizio­nali con modelli elettrici dipende da fatto­ri quali la produzione delle batterie e dal miglioramento della loro chimica nonché dalla costruzione di un’adeguata rete di colonnine di ricarica che una volta per tutte elimini la cosiddetta ansia da pie­no (o come direbbero gli anglofoni, range anxiety) che ancora oggi affligge potenzia­li acquirenti di un’auto elettrica come un dilemma insanabile. Le stesse stazioni di ricarica andrebbero alimentate con ener­gia proveniente da fonti rinnovabili. In tale scenario dinamico i carburanti a basso im­patto ambientale possono ancora svolgere un ruolo determinante assicurando una transizione più graduale (e meno costosa) verso la mobilità elettrica, sfruttando an­che i vantaggi di piattaforme ibride di tipo mild, full e plug-in (1). Evidentemente in tale contesto la tecnologia dell’elettrico e quella delle auto a motore termico posso­no coesistere ancora per un po’.

Filippo Di Giovanni Giornalista tecnico

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