L’alta corrente transita attraverso i cavi di potenza e le connessioni di elevata sezione, come si è visto nelle puntate precedenti. Affinché tale corrente sia commutata, controllata o deviata, sono necessari componenti elettronici particolari che riescano a sopportare una grande intensità di corrente, senza distruggersi o operare a temperature molto alte. I componenti elettronici di potenza sono dispositivi statici a semiconduttore che sono in grado di gestire, attraverso deboli segnali di comando, elevate potenze di uscita.
Introduzione
Il requisito principale di un sistema elettronico di potenza è quello di funzionare con un rendimento energetico molto elevato. Il circuito di potenza deve essere, in altre parole, efficiente e il calore prodotto da esso deve essere smaltito da ottimi sistemi di raffreddamento. E’, di fatto dimostrato, che tutti i dispositivi elettronici di potenza sono usati come interruttori (ON e OFF) e, soprattutto, in modalità switching in alta frequenza, al fine di ottenere elevati rendimenti e basse dissipazioni di potenza. Questo allo scopo di ridurre le dimensioni dei componenti induttivi e, in definitiva, il peso totale del sistema. Nel corso degli anni la tecnologia e le scoperte di nuovi semiconduttori hanno nettamente migliorato le prestazioni dei dispositivi di potenza. In particolare sono state perfezionate le potenze controllabili e le velocità di commutazione. In figura 1 è possibile osservare, in maniera molto generale, l’evoluzione della tecnologia in circa 80 anni di studi e ricerche, da parte di università e aziende.
A grandi linee, il progresso scientifico ha permesso la produzione dei seguenti dispositivi di potenza, sempre più performanti dei rispettivi precedenti:
- SCR (1957 – Silicon Controlled Rectifier);
- RCT (1957 – Reverse Conducting Thyristor);
- TRIAC (1958 – Triode Alternate Current Switch);
- BJT (1960 – Bipolar Junction Transistor);
- GTO (1962 – Gate Turn-off Thyristor);
- Power Mosfet (1970 – Metal oxide semiconductor field effect transistor);
- SIT (1975 – Static Induction Transistor);
- IGBT (1983 – Insulated Gate Bipolar Transistor);
- MCT (1988 – MOS-controlled thyristor);
- SiC Mosfet (2000 – Silicon Carbide Mosfet);
- GaN Mosfet (2010 – Gallium Nitride Mosfet).
Nei successivi paragrafi saranno descritti solo i più importanti, evidenziando le caratteristiche principali attraverso alcune simulazioni elettroniche.
SCR (o Tiristore)
L’elettronica di potenza è nata con l’invenzione del SCR. In pratica si tratta di diodo al silicio controllato ed è costituito da tre terminali (anodo, catodo e gate). Il gate è l’elemento di controllo del componente. Esso è costituito da quattro strati di semiconduttore, di cui due di tipo P e due di tipo N. Applicando tra i terminali A e K una tensione continua, in mancanza di un impulso sul gate, esso rimane aperto. Con un impulso sul gate l’SCR entra in conduzione. Dopo tale impulso, il passaggio di corrente è garantito anche in assenza di corrente sul Gate. Lo schema della figura 2 mostra il funzionamento di un SCR in regime di corrente continua. Una batteria di 80 V assicura la tensione al carico R1 di 200 Ohm, ma fino a quando il gate dell’SCR non riceve alcun impulso, il carico resterà non alimentato. E’ sufficiente un breve impulso sul Gate per innescare la conduzione del Tiristore. In corrente continua, il passaggio di corrente può essere annullato solo togliendo l’alimentazione. Il modello SPICE dell’SCR utilizzato (S6S3) è il seguente:
.SUBCKT S6S3 1 2 3
* TERMINALS: A G K
Qpnp 6 4 1 Pfor OFF
Qnpn 4 6 5 Nfor OFF
Rfor 6 4 5G
Rrev 1 4 5G
Rshort 6 5 1MEG
Rlat 2 6 9.09
Ron 3 5 513.4m
Dfor 6 4 Zbrk
Drev 1 4 Zbrk
Dgate 6 5 Zgate
.MODEL Zbrk D (IS=3.2E-16 IBV=100U BV=600)
.MODEL Zgate D (IS=1E-16 IBV=100U BV=10 VJ=0.3)
.MODEL Pfor PNP(IS=5E-15 BF=0.95 CJE=5p CJC=2p TF=0.3U)
.MODEL Nfor NPN(IS=1E-12 ISE=1E-9 BF=10.0 RC=0.45 CJE=30p CJC=2p TF=0.3U)
.ENDS
In corrente alternata il funzionamento dell’SCR è sempre coerente, come mostrato nello schema e nella simulazione di figura 3. Come un normale diodo, l’SCR condurrà attraverso A-K solo durante i semiperiodi positivi della sinusoide, rimanendo interdetto durante quelli negativi. In questo modo, al carico giunge la metà della tensione di alimentazione. Se l’SCR è utilizzato in corrente alternata, lo spegnimento avviene in corrispondenza del passaggio dallo zero della corrente, facendo mancare a esso la corrente necessaria di mantenimento per lasciarlo innescato.
Triac
I Triac sono utilizzati come interruttori bidirezionali per alte correnti ed è formato da tre terminali: il gate, l’anodo1 e l’anodo2. Il passaggio di corrente tra i due anodi è possibile solo se un impulso di corrente viene applicato al gate. Se il Triac è in conduzione, la corrente continua a scorrere anche in assenza di corrente nel Gate. Ma se il Triac è collegato in un circuito in corrente alternata, lo spegnimento avviene in corrispondenza del passaggio dallo zero della corrente. Il modello SPICE del TRIAC utilizzato (L0103DE) è il seguente:
.SUBCKT L0103DE 1 2 3
* TERMINALS: MT2 G MT1
Qnpn1 5 4 3 NoutF OFF
Qpnp1 4 5 7 PoutF OFF
Qnpn2 11 6 7 NoutR OFF
Qpnp2 6 11 3 PoutR OFF
Dfor 4 5 DZ OFF
Drev 6 11 DZ OFF
Rfor 4 6 12MEG
Ron 1 7 300m
Rhold 7 6 250
RGP 8 3 350
RG 2 8 150
RS 8 4 250
DN 9 2 DIN OFF
RN 9 3 6.0
GNN 6 7 9 3 0.2
GNP 4 5 9 3 2.0
DP 2 10 DIP OFF
RP 10 3 4.0
GP 7 6 10 3 0.5
.MODEL DIN D (IS=382F)
.MODEL DIP D (IS=382F N=1.19)
.MODEL DZ D (IS=382F N=1.5 IBV=50U BV=400)
.MODEL PoutF PNP (IS=382F BF=1 CJE=190p TF=0.3U)
.MODEL NoutF NPN (IS=382F BF=3 CJE=190p CJC=38p TF=0.3U)
.MODEL PoutR PNP (IS=382F BF=5 CJE=190p TF=0.3U)
.MODEL NoutR NPN (IS=382F BF=0.5 CJE=190p CJC=38p TF=0.3U)
.ENDS
Il funzionamento del TRIAC è molto semplice ed è mostrato in figura 4. E’ sufficiente un impulso di pochi milliampere per innescare il TRIAC e permettere l’accensione della lampadina. Se l’impulso è attivo, la corrente transita dal componente anche se la tensione alternata passa per lo zero e assume valori negativi. Se l’impulso di gate è basso, il Triac non conduce ed è aperto e la lampadina rimane spenta. Se, viceversa, l’impulso è alto, il Triac conduce e la lampadina si accende. Questo funzionamento è uguale sia nella semionda positiva che in quella negativa.
BJT
Il BJT è il re di tutti i componenti elettronici ed esso ha cambiato il corso della tecnologia elettronica. Anche il transistor può essere un componente di potenza e permette il passaggio di importanti valori di corrente. I BJT di potenza, benché realizzati con tecnologie differenti rispetto ai transistor di segnale, hanno caratteristiche di funzionamento molto simili. Le principali differenze sono gli elevati valori di tensione e corrente sopportabili e il minore guadagno in corrente. Occorre pilotare, allo scopo, i transistor di potenza con una corrente di base abbastanza elevata. Le velocità di commutazione dei transistor di potenza non sono molto elevate, per cui, nei progetti di ultima generazione, tali componenti non sono più utilizzati. Il BJT di potenza è formato da tre terminali: il collettore (C), l’emettitore (E) e la base (B). La giunzione emettitore-base è molto più piccola della giunzione collettore-base. La base è sottile e gli elettroni possono attraversarla facilmente, raggiungendo la regione del collettore, che trasporta una carica elettrica molto maggiore. Il transistor di potenza è usato negli amplificatori, negli alimentatori e nei circuiti di commutazione.
I BJT conducono molta corrente quando un piccolo segnale viene fornito alla base. Il componente rimane nello stato di ON finché è presente un segnale di controllo alla base. Il transistor di potenza può lavorare come amplificatore, in zona lineare, oppure come interruttore. Se esso lavora come amplificatore, una piccola corrente in ingresso produce una grande corrente in uscita. Viceversa, come interruttore, esso lavora in regime di interdizione (OFF) oppure di saturazione (ON) e dissipa meno potenza. In figura 5 è rappresentato il funzionamento generale di un transistor. Lo schema prevede il glorioso transistor 2N3055, un esemplare con le seguenti caratteristiche:
- Collector-Base Voltage (VCBO): 100 V;
- Collector-Emitter Voltage (VCEO): 60 V;
- Emitter-Base Voltage (VEBO): 7 V;
- Collector Current (Ic): 15 A;
- Base Current (Ib): 7 A;
- Total Power Dissipation (Pd, TC=25° C): 115 W;
- DC Current Gain (hfe): 70.
Il circuito di esempio è caratterizzato da una tensione continua di alimentazione di 48 V, da una lampada da 3 A e da una resistenza di base di 220 Ohm. In condizioni di saturazione, è sufficiente una corrente di base di circa 200 mA per far transitare, sul collettore e sul carico, una corrente di circa 3 A, per una dissipazione totale del transistor di circa 1.5 W. Per assicurare un buon grado di saturazione è sufficiente far transitare sulla base una corrente di 4-5 volte superiore a quella teorica, tenendo conto ovviamente del guadagno del componente. Il grafico “a” mostra l’andamento della corrente di collettore in funzione della corrente di base. Nella configurazione adottata nel circuito, a una corrente di base compresa tra 0 mA e 200 mA, corrisponde una proporzionale corrente di collettore. Una volta superata tale soglia, il transistor è in saturazione e un ulteriore aumento della corrente di base non incide più sulla corrente di collettore. La simulazione successiva riguarda l’accensione della lampadina a metà della sua potenza, attraverso due diverse tecniche:
- erogazione di una corrente di base per portare il collettore a VCC/2;
- utilizzo del segnale PWM.
Nel primo caso si utilizza un resistore di 850 Ohm in modo da far transitare sulla base una corrente di soli 56 mA, portando il transistor in zona lineare e facendo scorrere, sul collettore, una corrente di 1.5 A. Questa tecnica è funzionante e permette alla lampadina di illuminarsi con una luce dimezzata, ma la dissipazione del transistor (e la conseguente perdita di potenza) è troppo elevata (vedi i risultati del grafico “b”). Infatti le misurazioni effettuate restituiscono i seguenti risultati:
- Ib: 56 mA;
- Ic: 1.58 A;
- Pd(battery): 75.8 W;
- Pd(lamp): 37.4 W;
- Pd(BJT): 38.4 W;
- Pd(R_base): 2.6 W;
- Efficiency: only 49.3%.
Più del 50% della potenza è inutilmente persa in calore dal transistor e per farlo funzionare senza pericoli occorre raffreddarlo adeguatamente con un buon dissipatore di calore.. Con la tecnica del PWM, invece, le dissipazioni e le perdite di potenza sono di gran lunga inferiori, pur ottenendo la stessa illuminazione della lampada. Questa tecnica consiste nel sottoporre la base del transistor a una serie di impulsi ON-OFF di opportuna larghezza. Il carico è alimentato da tutta l’energia disponibile e il componente a semiconduttore dissipa una potenza molto bassa. Le misurazioni effettuate sulla soluzione a PWM restituiscono i seguenti risultati:
- signal: rectangular 50 Hz, duty cycle 25 %;
- Ib: 53 mA (AVG);
- Ic: 0.8 A (AVG);
- Pd(battery): 38.1 W;
- Pd(lamp): 37.7 W;
- Pd(BJT): 385.6 mW;
- Pd(R_base): 2.54 W;
- Efficiency: 99%.
Si nota subito la differenza tra le due soluzioni, in termini di efficienza e di dissipazione di potenza. Il grafico “c” mostra la perdita di potenza in corrispondenza dell’inizio della conduzione del transistor. In questa circostanza, che dura solo pochi microsecondi, la corrente e la tensione non sono più in fase tra loro e si crea un alto picco di potenza dissipata. Lo stesso picco si ripete anche durante la fine della conduzione del componente. La stessa problematica esiste per tutti i dispositivi di potenza.
Conclusioni
In questo articolo abbiamo osservato ed esaminato alcuni componenti di potenza di uso più tradizionale. Essi sono utilizzati ancora in alcune soluzioni. Nel prossimo articolo saranno analizzati altre tipologie di componenti di potenza, alcuni dei quali costituiscono il futuro di questo settore, in quanto si tratta di dispositivi creati in questi ultimi anni di tecnologia elettronica.