Amplificare un piccolo segnale elettrico per mezzo di un transistor è abbastanza semplice. A volte, però, la matematica mette dei veri e propri ostacoli al calcolo della polarizzazione, demotivando i progettisti meno smaliziati. L’articolo mostra un semplice metodo per polarizzare correttamente qualsiasi tipo di transistor, al fine di permetterne un buon funzionamento in regime lineare e realizzare, in tal modo, un preamplificatore. I calcoli possono essere effettuati anche con un comune foglio di calcolo, per semplificare le operazioni.
Introduzione
Sovente il progettista si trova davanti un segnale molto piccolo da dover amplificare: trasduttori, sensori, fotodiodi e altro restituiscono tensioni e correnti estremamente basse. Gli stati successivi hanno la necessità di trattare grandezze più elevate, per cui il primo passo da compiere è quello di amplificare il segnale stesso senza occuparsi, al momento, di eventuali filtraggi. Uno dei metodi più semplici ed economici è quello che prevede un transistor NPN in configurazione di emettitore comune. Vediamo di cosa si tratta e le regole per scegliere i corretti valori di resistenze.
Il circuito amplificatore a emettitore comune
Lo scopo di questo schema, visibile in figura 1, è quello di amplificare il debole segnale di un sensore e di restituirlo potenziato in uscita e in opposizione di fase. Osserviamo inizialmente i componenti base e le relative funzionalità:
- V1: è l’alimentazione del circuito e deve essere scelta in base ai massimi livelli supportati dal transistor;
- V2: è il segnale da amplificare. Solitamente è di minima entità, nell’ordine dei millivolt;
- Q1: è il transistor amplificatore. Per basse frequenze, in teoria, qualunque modello di transistor generico va bene;
- R1, R2, R3 e R4: sono le resistenze di polarizzazione, ossia quelle che decidono i vari punti di lavoro del componente. Devono essere opportunamente calcolate, vedremo come;
- C1 e C2: sono i condensatori di disaccoppiamento e permettono a fare entrare e uscire solamente il segnale alternato, eliminando la componente continua dello stesso;
- R5: rappresenta il carico del circuito e deve assorbire dieci volte meno della resistenza di collettore, ovvero la sua resistenza deve risultare almeno dieci volte superiore a quella della resistenza di collettore.
Figura 1: un tipico amplificatore a transistor a emettitore comune
Come funziona questo tipo di amplificatore
Prima di avventurarci nei calcoli delle resistenze, è opportuno vedere come si comporta tale schema di amplificatore. Si supponga di trattare un sensore che fornisca un basso segnale con le seguenti caratteristiche:
- frequenza: 1 kHz (1000 Hz);
- ampiezza: 10 mV (0.01 V) zero picco.
La figura 2 mostra gli oscillogrammi all’ingresso e all’uscita del circuito. Rispettivamente, la traccia gialla indica la tensione sinusoidale all’ingresso V(in) mentre la traccia verde indica la tensione amplificata all’uscita V(out). Il grafico mette in risalto alcuni punti, che andiamo a focalizzare:
- il segnale amplificato è in opposizione di fase rispetto a quello in entrata. Questo vuol dire che, in generale, quando il segnale all’ingresso è positivo, quello in uscita è negativo;
- la tensione del segnale amplificato è, effettivamente, più elevata rispetto a quella del segnale di ingresso, ma non eccessivamente. Il grafico, per la precisione, fornisce una sinusoide di 21 mV zero picco a fronte di una tensione di 10 mV zero picco dell’ingresso. Un guadagno, dunque, di soli 2.1, un po’ pochini, a dire la verità. Vedremo, successivamente, come aumentare questo tasso;
- la frequenza, ovviamente, è rimasta intatta.
Figura 2: gli oscillogrammi del segnale in ingresso e in uscita
Dimensionamento delle resistenze di polarizzazione
Bene, una volta compreso il funzionamento del circuito, andiamo a esaminare i passi per il calcolo dei valori delle resistenze di polarizzazione. Esse canalizzano la giusta corrente al fine di far funzionare correttamente il transistor.
Primo passo: lettura della tensione di alimentazione del circuito
La prima cosa da comprendere è come deve oscillare il segnale amplificato. Per questo motivo esaminiamo la figura 3 che mostra lo schema equivalente al precedente, senza le componenti capacitive. La tensione di alimentazione è di 5 V e il segnale alternato amplificato può oscillare, ovviamente, all’interno di questo intervallo. E’ opportuno, dunque, che il punto di riposo sia posizionato a circa metà strada di tale valore, ossia a circa 2.5 V. Vedremo successivamente che la scelta del punto di riposo, in funzionamento statico, è leggermente diverso. Adesso, se il segnale è ancora molto piccolo, può liberamente oscillare all’interno dei due limiti ma se la sua ampiezza risulta importante, è possibile che i picchi superiori o inferiori “escano” dalle due soglie di demarcazione, con la conseguente distorsione del segnale (clipping).
Figura 3: l’intervallo nel quale deve oscillare il segnale amplificato
Secondo passo: determinare la corrente di collettore
Dopo aver appurato la tensione di funzionamento del circuito occorre decidere l’ammontare della corrente che deve scorrere attraverso il collettore (vedi in figura 4). Si ricorda che la corrente di emettitore è pari a quella di collettore sommata a quella di base (la quale ultima è estremamente bassa). Per le piccole amplificazioni e, in generale, per i preamplificatori , tale corrente è nell’ordine di 1-2 milliAmpere. Scegliamo, dunque una corrente di collettore pari a 1 mA.
Figura 4: la corrente che scorre sul collettore
Terzo passo: determinare la tensione sulla resistenza di emettitore R2 e l’intervallo di oscillazione
Questa resistenza è importante poiché permette una stabilizzazione della temperatura grazie al suo effetto di retroazione. In linea generale, senza alcun approfondimento matematico, su tale resistenza si può fissare una tensione di circa 1 V (vedi figura 5). Qui occorre prestare attenzione a un fatto molto importante: dal momento che sull’emettitore vi è, adesso, la tensione di 1 V, il segnale amplificato non oscillerà più tra 0 V e VCC, ossia 5 V. Al contrario, la resistenza determina un nuovo limite inferiore di 1 V, pertanto l’intervallo utile di oscillazione è compreso tra 1 V e 5 V. Questa volta “il perno di oscillazione” è fissato intorno a 3 V e di questi valori il progettista deve tenerne conto.
Figura 5: la resistenza di emettitore R2 e l’intervallo di oscillazione
Quarto passo: determinare la resistenza di emettitore R2
Adesso conosciamo la corrente di collettore (che è praticamente la stessa di quella di emettitore) e la tensione che si vuole ottenere su essa. Tramite la Legge di Ohm è possibile calcolare la sua resistenza:
R = V / I
da cui:
R2 = 1 / 0.001 = 1000 Ohm = 1 kOhm
Quinto passo: determinare la resistenza di collettore R1
La resistenza di collettore R1 è quella che subisce il lavoro più gravoso, in quanto costituisce il carico passivo del preamplificatore. La sua determinazione è semplice: occorre fissare (a livello di riposo e in regime statico), la tensione di 3 V sul collettore. Pertanto ai suoi capi vi saranno:
VR1 = VCC – Vc
da cui:
VR1 = 5 – 3 = 2 V
Il calcolo del suo valore resistivo è sempre effettuato tramite la Legge di Ohm:
R = V / I
da cui:
R1 = 2 / 0.001 = 2000 Ohm = 2 kOhm
Tale valore può essere tranquillamente arrotondato a 2200 Ohm, valore commerciale della resistenza.
Sesto passo: determinare la resistenza inferiore di base R4
In generale, questa resistenza va dimensionata a un valore di circa dieci volte quella di emettitore. Un valore adatto è:
R4 = R2 x 10 = 10 kOhm
Settimo passo: determinare il potenziale sulla resistenza R4
Con questo passo si determina la tensione a cui è sottoposta la resistenza R4. Se esaminiamo lo schema elettrico, tale resistenza è collegata tra la massa e la base del transistor. La tensione della massa, ovviamente è di 0 V. Quella della base è sempre pari al valore della tensione di emettitore del transistor (nel nostro caso di 1 V) maggiorato di circa 0.6 V, che è la tensione generica di giunzione. Pertanto la resistenza R4 è sottoposta a un potenziale di:
VR4 = VR2 + 0.6 V = 1.6 V
Ottavo passo: determinare la corrente che attraversa R4
Con la Legge di Ohm è facile, adesso, calcolare la corrente che passa per la resistenza R4, attraverso la formula:
I = V / R
da cui:
IR4 = 1.6 / 10000 = 0.00016 A = 0.16 mA = 160 uA
Tale corrente è, praticamente, uguale a quella che attraversa la resistenza superiore di base R3.
Nono passo: determinare la tensione sulla resistenza superiore di base R3
Vediamo, adesso, l’ammontare della D.D.P. sulla resistenza R3. Come si evince dallo schema elettrico, un capo è collegato a VCC (5 V) e l’altro capo alla base del transistor (1.6 V). La D.D.P ai suoi capi è, pertanto, pari a:
VR3 = VCC – Vb
da cui:
VR3 = 5 – 1.6 = 3.4 V
Decimo passo: determinare la resistenza superiore di base R3
Finalmente l’ultimo passo ci consente di determinare il valore ohmico dell’ultima resistenza, quella superiore di base R3. Abbiamo già tutti gli ingredienti base e la Legge di Ohm ci aiuta anche in questo:
R = V / I
da cui:
R = VR3 / IR4
da cui:
R3 = 3.4 V / 160 uA
da cui:
R3 = 3.4 / 0.00016 = 21250 Ohm
Tale valore si può approssimare a 22 kOhm, modello commerciale di resistenza facilmente acquistabile in negozio. Si noti nuovamente che la corrente che passa sul resistore R3 è, praticamente, la stessa che passa sulla resistenza R4. Riepilogando, dunque, i componenti, l’elenco delle resistenze è il seguente:
- R1 (resistenza di collettore): 2.2 kOhm;
- R2 (resistenza di emettitore): 1 kOhm;
- R3 (resistenza superiore di base): 22 kOhm;
- R4 (resistenza inferiore di base): 10 kOhm.
i calcoli effettuati sono frutto di una ferrea logica e devono essere svolti tutti in cascata, senza modificarne la sequenza. La figura 6 mostra le tensioni ai vari nodi cruciali del circuito. Una piccolissima differenza dei risultati, rispetto ai calcoli teorici, non comporta alcun problema. Del resto anche i componenti elettronici commerciali hanno le proprie tolleranze. Il grafico evidenzia perfettamente il punto di lavoro statico del collettore, posto a metà strada tra VCC e Ve.
Figura 6: le tensioni di lavoro ai vari nodi, in funzionamento statico del circuito
Condensatori di disaccoppiamento
E’ necessario, adesso, collegare due condensatori di disaccoppiamento all’ingresso e all’uscita, per isolare l’amplificatore dal sensore e dal carico finale e, soprattutto, per far transitare la sola componente alternata. Il valore va scelto in base alla frequenza del segnale da trattare.
Aumentare l’amplificazione
Il circuito esaminato fornisce una amplificazione esigua, pari a circa un fattore di 2, dal momento che parte della tensione di emettitore viene riportata indietro sulla base del transistor. E’ sufficiente aggiungere un condensatore elettrolitico in parallelo a R2 per aumentare drasticamente il guadagno.
La figura 7 mostra, finalmente, lo schema elettrico completo e definitivo mentre in figura 8 si possono osservare i due segnali d’ingresso e di uscita, il cui ultimo risulta ampiamente amplificato. L’amplificazione ottenuta, in questo caso, è pari a circa 16 volte. Per maggiori amplificazioni è possibile collegare, in cascata, due o più stadi uguali considerando, però, che aumenteranno i tempi per i transitori (carica e scarica dei condensatori elettrolitici).
Figura 7: schema elettrico finale e definitivo dell’amplificatore a emettitore comune
Figura 8: i due segnali d’ingresso e di uscita
Riepilogo passi
Per una veloce consultazione elenchiamo, nell’ordine, i passi da seguire per ben determinare i corretti valori delle resistenze di polarizzazione del transistor:
- lettura della tensione di alimentazione del circuito, nell’esempio 5 V;
- determinazione della corrente di collettore, nell’esempio 1 mA;
- determinazione della tensione sulla resistenza di emettitore R2 e dell’intervallo di oscillazione, nell’esempio VR2=1 V e intervallo di oscillazione compreso tra 1 V e 5 V con centro a 3 V;
- determinazione della resistenza di emettitore R2, nell’esempio 1000 Ohm;
- determinazione della resistenza di collettore R1, nell’esempio 2200 Ohm;
- determinazione della resistenza inferiore di base R4, nell’esempio 10 kOhm;
- determinazione del potenziale sulla resistenza R4, nell’esempio 1.6 V;
- determinazione della corrente che attraversa R4, nell’esempio 160 uA;
- determinazione della tensione sulla resistenza superiore di base R3, nell’esempio 3.4 V;
- determinazione della resistenza superiore di base R3, nell’esempio 22 kOhm.