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Come misurare facilmente la temperatura del forno di casa

da | 27 Mar, 20 | Design |

Quando vi sono in gioco basse temperature, risulta relativamente semplice misurarle. Si può raggiungere lo scopo con un piccolo termometro digitale o analogico come, ad esempio, l’LM-35 oppure il DS18B20. Ma se il calore supera certe soglie, diciamo dai 100° C in su, le operazioni di misura diventano molto più critiche e pericolose. Proponiamo, nell’articolo, un metodo semplice ed economico per misurare un’alta temperatura come, ad esempio, quella del forno di casa. L’articolo ha prevalentemente lo scopo didattico e divulgativo.

Introduzione

Molto spesso i progettisti alle prime armi pensano che un sensore, ossia un componente elettronico di misura e di trasformazione da una grandezza fisica a un’altra elettronica, possa svolgere nel migliore dei modi la sua funzionalità, in qualsiasi condizione di operatività. Prendiamo ad esempio il piccolo termometro LM35. Si crede che esso sia adatto per effettuare qualsiasi misura di temperatura, incoraggiati anche dal fatto che le caratteristiche specificate nel datasheet attestano che la sua funzionalità operativa sia compresa in un l’intervallo di temperatura tra -55° C e +150° C. Ma tale aspetto è solo teorico, in quanto è sufficiente sottoporre il componente, o l’intera scheda elettronica del circuito, a una temperatura di 60-70° C per non funzionare più o per lavorare in modo anomalo. Se si utilizza tale componente alla temperatura del forno di casa, che può arrivare anche a 250° C, la sua distruzione è immediata e assicurata, e dopo qualche istante esso va in fumo. Studiamo quindi, a grandi linee, un metodo molto semplice ed efficace per misurare le alte temperature senza alcun pericolo.

Un sensore chiamato termocoppia

Una termocoppia è un sensore che ha lo scopo di misurare la temperatura (vedi in figura 1). Non è un componente nuovo, anzi, ha esattamente 200 anni. Nel 1821 il fisico Thomas Johann Seebeck scoprì il principio per cui in un circuito, formato da due fili intrecciati di materiale differente, si crea una differenza di potenziale se sottoposto a variazione di temperatura. Questo sensore è costituito da due conduttori metallici diversi, uniti a un’estremità e collegati a uno strumento di misura all’altra estremità.

Figura 1: un esempio di termocoppia di tipo “K”, assieme ad alcuni simboli elettrici e un modello commerciale

Lo scienziato, mentre preparava la teiera per il thé, scoprì che quando due metalli diversi risultavano uniti, una corrente iniziava a scorrere, purché la temperatura in una delle giunzioni fosse a temperatura più elevata rispetto a quella dell’altra giunzione (effetto Seebeck). Quando si applica calore a T1 e T2 a una diversa temperatura, i due metalli diversi producono una forza elettromotrice (vedi figura 2) e nel circuito scorre una corrente. Se T1 e T2 sono alla stessa temperatura non c’è alcun flusso di corrente nel circuito.

Figura 2: effetto Seebeck

Se opportunamente configurate, le termocoppie possono fornire misurazioni della temperatura su un ampio intervallo. La termocoppia risulta molto versatile ed è comunemente utilizzata in una vasta gamma di applicazioni. Il funzionamento è molto semplice: quando due fili, composti da metalli diversi, sono uniti a entrambe le estremità e una delle estremità viene riscaldata, c’è una corrente continua che scorre nel circuito termoelettrico. La tensione è funzione della temperatura di giunzione e della composizione dei due metalli. Ovviamente anche il diametro del filo influisce nella misurazione finale. Ciò significa che quando la giunzione dei due metalli viene riscaldata o raffreddata viene prodotta una tensione che può essere correlata alla temperatura. Le termocoppie commerciali sono disponibili in diverse combinazioni di metalli e calibrazioni. La D.D.P. è diversa per metalli diversi e sfortunatamente non è lineare. Ma con opportune calibrazioni si riesce a eliminare tale problema. Le più comuni sono le termocoppie “Base Metal” note come tipi N, T, E, J e K. Esistono anche calibrazioni per alte temperature in metallo nobile, come i tipi R, S, C e GB. Anche se, teoricamente, la lettura della tensione potrebbe essere effettuata tramite un normale multimetro, è preferibile realizzare adatte strumentazioni atte ad amplificare il segnale rilevato e ad adeguare la grandezza all’intervallo desiderato. La termocoppia porta indubbiamente parecchi vantaggi. A seconda dei fili metallici utilizzati, una termocoppia è in grado di misurare la temperatura nell’intervallo da -200° C a + 2500° C. Inoltre essa risulta estremamente robusta, immune da urti e vibrazioni ed è adatte per l’uso in ambienti pericolosi. In aggiunta, fornisce una risposta rapida e risponde rapidamente alle variazioni di temperatura (anche entro un secondo), in quanto sono piccole e hanno una bassa capacità termica, soprattutto se la giunzione di rilevamento è esposta. Assieme ai grandi vantaggi la termocoppia, per contro, può essere caratterizzata da qualche svantaggio. Per convertire la tensione in una lettura pratica della temperatura occorre eseguire un complesso condizionamento del segnale, sia a livello software che hardware. Tale procedure viene effettuata per evitare l’introduzione di errori che degradano la precisione. Il componente, inoltre, non risulta essere estremamente preciso, specialmente se l’intervallo di temperatura è piuttosto ampio. E ancora, risulta suscettibile alla corrosione perché, essendo costituita da due metalli diversi, il tempo può comportare un deterioramento della precisione. Quindi la cura e la manutenzione sono essenziali.

Realizziamo a costo zero una termocoppia

I dispositivi commerciali, realizzati in laboratori attrezzati, sono costituiti da materiali e leghe particolari, difficilmente reperibili in casa. Per la loro realizzazione commerciale si usano, ad esempio, il cromo, il ferro, la costantana, il platino, il rodio, il tungsteno, l’oro, il palladio e molti altri. La nostra termocoppia (vedi figura 3) non avrà le stesse caratteristiche di quelle professionali ma le prove effettuate hanno scopo esclusivamente didattico. Si procurino, pertanto, i seguenti materiali che, sicuramente, sono disponibili in casa:

  • una graffetta “tieni fogli” in acciaio;
  • uno spezzone di comune filo di rame.

Il rame e l’acciaio non costituiscono una combinazione comunemente usata per la fabbricazione di termocoppie, per via della bassa tensione prodotta a una data temperatura.

Si raddrizzi, innanzitutto, la graffetta con l’ausilio di una pinza piatta, in modo da appiattirla completamente e ottenere, così, una sorta di filo d’acciaio. Si speli, dunque, anche il filo di rame.

Figura 3: la nostra semplice termocoppia

Quindi, si intreccino tra loro le due estremità dei metalli diversi, in modo che la giunzione sia solida e sicura. Si potrebbe saldare il punto di connessione ma non a stagno o piombo, che hanno punti di fusione molto bassi. Una buona alternativa consiste nell’utilizzare un condensatore elettrolitico di alta capacità (almeno 50.000 microFarad) caricato a circa 40 V-50 V. Cortocircuitandone i terminali proprio sulla giunzione si ottiene una grossa e caldissima scintilla che ha il potere di fondere i metalli. Per questa procedura occorre prestare la massima attenzione e indossare degli occhiali protettivi.

Misurazione preliminare

A questo punto è sufficiente collegare i due terminali della termocoppia a un sensibile tester, in posizione dei millivolt e, con l’ausilio di un termometro secondario, si può iniziare a definire una curva di temperature. La fonte di calore può essere quella a disposizione (la fiamma di una candela, quello all’interno di un forno, quella di un saldatore, e così via). L’importante è conoscere esattamente la temperatura di tale sorgente. Nelle prove, la nostra termocoppia ha fornito, all’incirca, le seguenti temperature:

Temperatura (X) Millivolt in uscita (Y)
22° C 0 mV
100° C 0.2 mV
150° C 0.4 mV
200° C 0.55 mV
260° C 0.7 mV
320° C 0.8 mV
370° C 1 mV
500° C 1.1 mV

Risulta ovvio che in differenti condizioni e con materiali diversi le tensioni raggiunte in uscita potrebbero risultare alquanto diverse. Tali dati in uscita sono il frutto di diverse misurazioni dopo averne calcolato la media aritmetica, al fine di disporre di un campione più affidabile. In figura 4 si può osservare il grafico dei campioni raccolti.

Figura 4: il grafico della relazione tra la temperatura e la tensione d’uscita della nostra termocoppia

Dalle precedenti rilevazioni, con opportuni processi di Curve Fitting, si possono ottenere le due equazioni opposte, a seconda se il termine noto è rappresentato dalla temperatura o dalla tensione in uscita. La seguente equazione ha la funzione di ricavare il valore della tensione della termocoppia, conoscendo la temperatura:

y=(a*b+c*x^d)/(b+x^d)

con i seguenti coefficienti:

  • a = -0.02599135404
  • b = 11512.7636328
  • c = 1.55973936583
  • d = 1.656321804970

La seguente formula inversa, invece, serve per trovare il valore della temperatura, conoscendo la tensione ai capi della termocoppia. Si tratta, dunque, dell’equazione più importante da utilizzare ai fini pratici per le proprie applicazioni:

x = ((b*y – a*b)/(c – y))^(1/d)

Si ribadisce che le due formule esaminate si riferiscono esclusivamente al modello di termocoppia qui utilizzata. Per qualsiasi altro modello di sensore occorrerà eseguire una nuova rilevazione delle temperature, un nuovo fitting dei dati con la relativa creazione delle due equazioni.

Amplificare l’uscita

Una termocoppia lavora in un intervallo molto vasto di temperature per cui, a una variazione di pochi gradi di temperatura misurata corrisponde un impercettibile cambiamento nella tensione d’uscita del dispositivo. Ad esempio, le due misurazioni sotto riportate, avvenute con una differenza di temperatura di ben 30° C, ha restituito le seguenti tensioni:

  • a 40° C: 0.0337 mV, corrispondenti a 33.7 microVolt;
  • a 70° C: 0.116633 mV, corrispondenti a 116.633 microVolt.

Una differenza così lieve è molto problematica da gestire, anche con i più sofisticati strumenti di misura. Una delle possibili soluzioni per ridurre il problema è quella di amplificare il segnale di uscita utilizzando un amplificatore operazionale a basso rumore e bassa deriva termica (vedi schema elettrico di cui alla figura 5). Si può aggiungere, dunque, uno stadio separatore/amplificatore, tramite un operazionale di precisione, funzionante a tensione singola. Un ottimo OPAMP è l’LT1006. La rete di resistori utilizzati determina una amplificazione pari a 1000 che permette una determinazione più agevole del valore della tensione in uscita. Adottando questo schema si può tranquillamente utilizzare anche un tester con bassa impedenza.

Figura 5: lo schema elettrico di una possibile soluzione per amplificare il segnale

Con tale tasso di Gain, anche la più piccola variazione di temperatura è, senz’altro, rilevata dallo strumento di misura che può essere un voltmetro digitale o analogico a lancetta. Con le nuove misure amplificate in uscita si modificano, ovviamente, i parametri delle formule del Curve Fitting. La nuova situazione che si viene a creare è, dunque, la seguente:

Temperatura (X) Millivolt in uscita (Y)
22° C 0 mV
100° C 202 mV
150° C 402 mV
200° C 553 mV
260° C 702 mV
320° C 802 mV
370° C 1000 mV
500° C 1100 mV

Da tali rilevazioni, sempre con il Curve Fitting, si ottengono le due equazioni opposte. La seguente equazione ha la funzione di ricavare il valore della tensione della termocoppia, conoscendo la temperatura:

y=(a*b+c*x^d)/(b+x^d)

con i seguenti coefficienti:

  • a = -24.72426066
  • b = 11470.490264
  • c = 1577.2764923
  • d = 1.650397186

La seguente altra formula inversa, invece, serve per trovare il valore della temperatura, conoscendo la tensione ai capi della termocoppia:

x = ((b*y – a*b)/(c – y))^(1/d)

Le formule esaminate non sono generiche ma riferite esclusivamente al sistema in esame. Il grafico di cui alla figura 6 mostra la simulazione in regime DC, variando l’entità del segnale proveniente dalla termocoppia e misurando, di conseguenza, il segnale all’uscita dell’OPAMP.

Figura 6: grafico della simulazione DC con segnali della termocoppia vs. uscita OPAMP

Al di là della matematica che governa anche questo settore della fisica, è interessante eseguire delle sperimentazioni sulla variazione della tensione prodotta dalla termocoppia (e relativa corrente), sottoponendo il dispositivo al calore della fiammella di una candela, come evidenziato in figura 7. Si noterà che spostando la posizione e la distanza del sensore varierà, in modo abbastanza veloce, anche la risposta fornita in uscita.

Figura 7: la misurazione della tensione di uscita della termocoppia in dipendenza della posizione di una fonte di calore

Conclusioni

Si tenga presente che la termocoppia misura solo la differenza di temperatura tra la giunzione calda e gli estremi freddi. Pertanto, se la giunzione fredda, per via della trasmissione del calore da quella calda, dovesse riscaldarsi, la differenza di potenziale tenderebbe, anch’essa, ad attenuarsi. La giunzione della termocoppia ha naturalmente una certa inerzia e fornisce la giusta tensione dopo qualche tempo. La buona conducibilità termica dei fili della termocoppia, a volte, compromette soddisfacenti risultati. I due materiali utilizzati in questa esperienza, se sottoposti a fiamma diretta, sono soggetti a sicura ossidazione. A ogni modo è sempre utile sperimentare con questa famiglia di dispositivi e, se è possibile, si consiglia di acquistarne un modello commerciale con un tester adibito a questa tipologia di misure.

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