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I trasformatori

da | 21 Nov, 24 | Elettronica di potenza |

Si tratta di dispositivi il cui principio di funzionamento si basa sull’induzione elettromagnetica e sono tra i più importanti dispositivi di trasformazione dell’energia. Relativamente ai criteri di costruzione, un trasformatore per grosse correnti e tensioni deve essere progettato in modo differente dai piccoli trasformatori portatili, benché il principio di funzionamento sia il medesimo.

Intoduzione

Un trasformatore è una macchina elettrica statica, cioè senza elementi in movimento, composto da un avvolgimento di filo di rame smaltato e alimentato con una tensione alternata (primario), da un avvolgimento di filo di rame smaltato su cui viene prelevata una tensione elettrica (secondario) e un nucleo di materiale ferromagnetico composto da lamierini sovrapposti e buon conduttore di flusso magnetico (nucleo). La funzione principale è quella di trasfor­mare la potenza elettrica, in corrente al­ternata, modificando i valori di tensione e di corrente in uscita. Il trasformatore non può funzionare con alimentazioni in cor­rente continua ma solo alternata. Il suo funzionamento è reversibile ed esso fun­ziona anche invertendo il primario con il secondario e ribaltando, dunque, il suo modo di operare. Un campo magnetico variabile può generare una corrente elet­trica in un circuito posto nelle immediate vicinanze. Il campo magnetico variabile è prodotto, naturalmente, da una corrente alternata oppure, nei sistemi meccanici, da induttori mobili o vibranti. Nel trasfor­matore tale fenomeno è riprodotto da due o più bobine, avvolte attorno ad un nucleo di ferro. La corrente alternata entra nella bobina primaria e crea un campo magne­tico variabile che, a sua volta, induce una corrente elettrica nella bobina secondaria. Esso trasforma un sistema di tensione e di corrente alternate in un altro sistema di tensione e corrente alternate, general­mente di valori differenti ma della stessa frequenza. Uno dei motivi per cui le linee elettriche ad alta tensione sono alterna­te è quello della relativa facilità del tra­sporto dell’energia a grandi distanze. La trasformazione mediante trasformatori è, pertanto, relativamente semplice e più economica rispetto alla trasformazione a corrente continua. A seconda delle tensio­ni e delle correnti massime che essi posso­no sopportare esistono dispositivi a bassa, media e alta potenza.

La trasformazione di energia

La tensione in uscita di un trasformatore dipende dal rapporto tra il numero di spire del primario e del secondario. In ogni caso la potenza rimane costante, garantendo in teoria un trasporto totale di potenza senza perdite. I trasformatori possono abbassare o aumentare la tensione. Quando una cor­rente alternata fluisce nell’avvolgimento primario il flusso magnetico genera una corrente alternata nell’avvolgimento se­condario. I parametri di funzionamento di un trasformatore sono legati da alcune relazioni matematiche:

α = N1 / N2
V1 / V2 = α
V1 ∙ I1 = V2 ∙ I2

In teoria la potenza dissipata nel primario è la stessa del secondario, anche se in real­tà esistono perdite di potenza e di trasferi­mento. Un trasformatore ideale purtroppo non esiste poiché i materiali determinano dispersioni e concorrono a creare lo sche­ma reale equivalente di figura 1, nel quale i componenti aggiuntivi lo rendono reale.

Figura 1 – Lo schema elettrico reale del trasformatore.

Nei circuiti a corrente alternata la tensio­ne e la corrente non sono sempre in fase tra loro. Allo scopo, si utilizza il fattore di potenza che è il rapporto tra potenza reale e potenza apparente ed è compreso tra 0 e 1. Un fattore di potenza più elevato indica che il sistema elettrico è più efficiente nel convertire la potenza apparente in poten­za reale. Se il carico è puramente resistivo la potenza (potenza attiva) si esprime in Watt e si calcola con la seguente formula:

Watt(W) = Volt(V) ∙ Ampere(A)

Se, invece, i carichi contengono anche in­duttori o condensatori si verifica un accu­mulo di energia che complica le operazio­ni di calcolo e che determinano perdite di trasformazione. Parte della corrente quindi transita ripetutamente avanti e indietro e il reale consumo è sempre inferiore al prodot­to Volt x Ampere. Si utilizza, quindi, la po­tenza apparente e si esprime in Volt-Ampere (VA), che equivale al prodotto Volt x Ampe­re, considerando anche lo sfasamento. Per convenzione il valore in Volt-Ampere vale circa 1.4 volte il valore in Watt, ma in realtà esso cambia da caso a caso. Lo sfasamento tra la tensione e la corrente si calcola con il coseno dell’angolo tra i vettori della tensio­ne e della corrente e si chiama cos-phi, o fattore di potenza. Esso è compreso tra 0 e 1 e le relative relazioni sono le seguenti:

Active Power = Apparent Power ∙ cos_phi
Watt = VoltAmpere ∙ cos_phi

La progettazione di un trasformatore

Un trasformatore trasforma l’energia elet­trica in energia magnetica e poi di nuovo in energia elettrica, con inevitabili perdite di energia. Nella realtà, infatti, parte della potenza viene dissipata dal trasformato­re stesso come perdita sia nel nucleo che negli avvolgimenti. Come si evince dalla fi­gura 2, nel trasformatore vi sono due parti fondamentali, il nucleo magnetico che può essere di ferro, ferrite o altro materiale, e gli avvolgimenti, normalmente di rame smaltato, ma anche di alluminio o d’argen­to. Per la progettazione del trasformatore esistono tante metodologie, più o meno complesse, con l’utilizzo di tante equazio­ni matematiche per arrivare alla soluzione finale. Esistono, tuttavia, anche molte ap­plicazioni e software che aiutano i progetti­sti a realizzare il loro trasformatore.

Figura 2 – Un generico trasformatore, nel quale si possono notare l’avvolgimento primario, l’avvolgimento secondario e il nucleo magnetico.

Esistono tante formule e tanti diversi me­todi per determinare i migliori parametri costruttivi del dispositivo. Tuttavia, più sono numerose e complesse le formule e più precisi e affidabili saranno i risultati finali. La progettazione e il dimensiona­mento di un trasformatore richiede una profonda conoscenza delle problematiche elettriche e fisiche.

L’esempio che segue mostra come poter progettare un trasformatore caratterizzato dai seguenti dati:

  • tensione di alimentazione del primario: 230 V (V1);
  • tensione da leggere sul secondario a pieno carico: 48 V (V2);
  • potenza sul secondario: 600 VA (P2);
  • frequenza di funzionamento del trasfor¬matore: 50 Hz (f);
  • induzione magnetica alla quale si vuole far funzionare il trasformatore: 1 Wb/m2 (B).

Per l’induzione magnetica esistono appo­site tabelle, ma i valori più comuni sono elencati nella tabella di seguito.

acciaio al Si standard

1.10 Wb/m2

acciaio al Si qualità media

1.15 Wb/m2

acciaio al Si alta qualità

1.20 Wb/m2

granuli orientati

1.25 Wb/m2

 

Utilizzando una delle tante formule sull’ar­gomento è possibile calcolare la superficie totale del lamierino da utilizzare:

Adesso è possibile cercare nella tabella di figura 3 la riga nella quale essa è più vici­no ai calcoli effettuati.

Figura 3 – Tabella dei lamierini Tipo EI standard monofase (fonte: Giunchi Fabrizio).

In corrispondenza del dato trovato si potranno leggere tutte le altre dimensioni relativi ai lamierini. Tutte le dimensioni dei lamierini di tipo EI Standard per un uso monofase sono calcolate in base a tutte le altre misure, se­condo le seguenti semplici formule:

Secondo le formule di cui sopra e i dati trovati in tabella è possibile, adesso, cal­colare tutte le altre dimensioni, che sono riportate per comodità qui sotto:

  • AxB (cm2): 270;
  • A (mm): 150
  • B (mm): 180;
  • C (mm): 60;
  • D (mm): 30;
  • E (mm): 90;
  • F (mm): 30;
  • G (mm): 30;
  • Type: EI180.

È possibile, adesso, calcolare facilmente la sezione del nucleo ferromagnetico di­sponendo del coefficiente di dimensio­namento Kd e della potenza secondaria, secondo la seguente formula:

Il coefficiente di dimensionamento Kd può essere scelto tra 1 e 1.6 se si utilizza un lamierino a mantello oppure tra 0.7 e 1.2 se si utilizza un lamierino a due colonne. Tale parametro permette di utilizzare più rame (con un valore di Kd basso) oppure più ferro (con un valore di Kd alto).

Con un coefficiente Kd basso si ottiene un trasformatore di dimensioni ridotte e un alto numero di spire, mentre con un co­efficiente Kd alto si ottiene un trasforma­tore di grosse dimensioni e con un basso numero di spire. Adesso, dalla sezione del nucleo ferromagnetico e dalla dimensione “C” del lamierino si può calcolare lo spes­sore del pacco di lamierini, tenendo conto del coefficiente di stipamento Ks, secondo la formula:

Il coefficiente di stipamento Ks può assu­mere valori fra 1.05 e 1.15, a seconda del tipo di isolamento del lamierino, del suo spessore e della cura con cui si esegue il relativo montaggio nel rocchetto, quest’ul­timo scelto secondo le dimensioni calco­late dei vari elementi. Un buon valore è Ks=1.11. Conoscendo lo spessore del singo­lo lamierino sl=0.5mm, e lo spessore del pacco lamellare Sp è possibile calcolare facilmente il numero dei lamierini, con la seguente formula:

Il numero delle spire del primario e del secondario si calcola tenendo conto del parametro “volt per spira”. Esso si calcola con la seguente formula:

In modo molto semplice si può calcolare il numero delle spire dell’avvolgimento pri­mario usando la seguente formula:

Al secondario si verifica sempre una cadu­ta di tensione (in percentuale) che dipen­de dalla potenza del trasformatore:

La tensione a vuoto del secondario, ossia senza alcun carico collegato, è calcolata secondo la seguente formula:

Adesso è molto semplice calcolare il nu­mero delle spire dell’avvolgimento secon­dario tenendo conto della tensione sul secondario a vuoto appena calcolata, uti­lizzando la seguente formula:

Calcolando, infine, in modo abbastanza semplice, i parametri della corrente, è pos­sibile determinare il diametro dei fili da utilizzare. Tutti questi calcoli possono es­sere implementati in un foglio elettronico.

Conclusioni

La presenza di un limitato spazio tra gli av­volgimenti e il nucleo di ferro è utile per prevenire il surriscaldamento dovuto alle correnti parassite. Per i trasformatori di potenza è molto importante saper gesti­re perdite di potenza, specialmente se lo scopo è quello di ottimizzare il risparmio energetico. Nella trasformazione di tensio­ne si considerano anche le perdite nel rame (dipendenti dal quadrato della corrente di carico) e le perdite nel ferro (proporzionali al quadrato della tensione). Le perdite re­sistive avvengono per effetto Joule, dovute principalmente alla resistenza degli avvol­gimenti primari e secondari, mentre quelle induttive dipendono dal tipo di materiale e dalla tipologia dei lamierini che costitu­iscono il nucleo magnetico. Anche i mi­gliori trasformatori potrebbero disturbare le apparecchiature nelle immediate vici­nanze, perché c’è una piccola percentuale di energia indotta che si libera in aria. Per i trasformatori di potenza occorre utilizzare formule più precise che tengano conto an­che di altri parametri, tuttavia la realizzazio­ne di un dispositivo magnetico può essere enormemente facilitata dai numerosi tools e software che si trovano in rete, in modo da minimizzare gli errori e massimizzare la precisione dei calcoli.

Giovanni Di Maria

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